I deficit cognitivi costituiscono una caratteristica centrale della schizofrenia, tanto da essere considerati un sintomo fondamentale della patologia. I deficit cognitivi maggiormente evidenti coinvolgono l’attenzione; la velocità di processazione delle informazioni; le funzioni esecutive, in particolare la working memory; la fluenza verbale; la memoria e l’apprendimento verbale. Le aree cerebrali più coinvolte nei deficit cognitivi sono la corteccia cerebrale frontale e temporale.
I deficit cognitivi, inoltre, risultano essere correlati alla disorganizzazione e ai sintomi negativi. Infatti, particolarmente significativi nel quadro patologico della schizofrenia, appaiono due sintomi negativi:
- La diminuzione dell’espressione delle emozioni
- L’abulia.
La diminuzione dell’espressione delle emozioni comprende una riduzione nell’espressione delle emozioni facciali, del contatto visivo, dell’intonazione dell’eloquio (prosodia) e dei movimenti di mani, testa e volto che, di norma, danno un’enfasi emozionale all’eloquio. L’abulia, invece, è una diminuzione nelle attività finalizzate volontarie spontanee: l’individuo può rimanere seduto per lunghi periodi di tempo e mostrare scarso interesse nel partecipare ad attività lavorative o sociali.
La schizofrenia comporta, inoltre, altri sintomi negativi: alogia, anedonia e asocialità. L’alogia si manifesta con una diminuzione della produzione verbale. L’anedonia è la diminuzione della capacità di provare piacere da stimoli positivi o una degradazione del ricordo del piacere precedentemente provato. L’asocialità si riferisce all’apparente mancanza di interesse nelle interazioni sociali e può essere associata all’abulia, ma può anche essere una manifestazione di limitate opportunità di interazioni sociali.
Uno studio pubblicato sulla rivista Molecular Psychiatry, del gruppo Nature, ha evidenziato modificazioni profonde e molto estese nella materia bianca dei soggetti schizofrenici, la rete di connessioni attraverso la quale i segnali elettrici si trasmettono tra aree diverse del sistema nervoso centrale.

La materia bianca è costituita da fasci di fibre nervose ricoperte da una sostanza isolante, la mielina. Una tecnica specifica di risonanza magnetica, denominata “imaging da tensore di diffusione” (DTI) permette di ottenere una mappa tridimensionale delle connessioni a partire da come le molecole d’acqua contenute nei tessuti si diffondono da una regione all’altra. In assenza di fibre nervose, l’acqua tenderebbe a muoversi in maniera isotropa: la presenza e l’entità delle anisotropie permette dunque di identificare e localizzare i “canali” attraverso i quali l’acqua può spostarsi e quindi di risalire alla distribuzione della materia bianca. Analizzando i dati DTI, gli scienziati hanno osservato come modificazioni profonde coinvolgano tutta la rete di connessioni (per consultare l’articolo completo: https://www.nature.com/articles/s41380-021-01260-5).
Gli interventi di tipo farmacologico nel trattamento della schizofrenia si sono dimostrati in grado di migliorare solo parzialmente la componente cognitiva della schizofrenia: in particolare gli antipsicotici di prima generazione hanno dimostrato un impatto per lo più negativo, mentre gli antipsicotici di nuova generazione hanno rivelato una capacità solo modesta di migliorare le funzioni cognitive. Tutto ciò ha reso necessario lo sviluppo e l’applicazione clinica di interventi non farmacologici finalizzati al recupero del funzionamento cognitivo, pertanto, il trattamento dei deficit cognitivi è divenuto un target rilevante nella terapia della schizofrenia. Nel corso degli ultimi anni sono state proposte ed elaborate differenti strategie e specifiche tecniche non farmacologiche di rimedio cognitivo, volte a migliorare la performance cognitiva dei pazienti e, di conseguenza, l’esito clinico e funzionale del disturbo. Tale obiettivo terapeutico si basa sul presupposto che i deficit cognitivi siano in qualche misura modificabili e che nuove abilità, a supporto di quelle perdute, possano essere sviluppate.

Il cambiamento della performance cognitiva è l’obiettivo primario delle tecniche di rimedio cognitivo, ma quello clinicamente più significativo è rappresentato dal miglioramento del funzionamento globale e della qualità di vita del paziente. Per raggiungere questo obiettivo, la maggior parte delle tecniche di rimedio cognitivo prendono in considerazione le funzioni maggiormente correlate alla disabilità del paziente. Le funzioni esecutive, la memoria e l’attenzione hanno rappresentato, negli ultimi decenni, aree di particolare interesse nella ricerca sulla schizofrenia, configurandosi come importanti indicatori di outcome funzionale e rappresentando, pertanto, alcuni tra i principali target degli interventi di rimedio cognitivo. Lo stesso obiettivo è comunque perseguito da diverse tecniche di rimedio cognitivo, attraverso lo sviluppo di specifiche abilità. È possibile che i diversi approcci di rimedio cognitivo possano essere complementari e sinergici, e che il potenziamento di specifiche funzioni cognitive favorisca l’apprendimento di nuove strategie compensatorie di problem solving da applicare e generalizzare alla vita quotidiana.
La maggior parte delle persone affette da schizofrenia presenta problematiche cognitive di diverso grado che coinvolgono diversi ambiti (attenzione, funzioni esecutive, memoria, ecc…), pertanto, la valutazione neuropsicologica riveste grande importanza per rilevare i punti di forza e di debolezza del profilo cognitivo della persona affetta da schizofrenia, così da poter sviluppare strategie utili a compensare le difficoltà nella vita quotidiana e intervenire attraverso percorsi di riabilitazione neuropsicologica personalizzati.